Scenari e strategia, a che servono?
 
Yahoo! L’azienda dell’importante portale Internet è sopravvissuta e prosperata nonostante una delle più turbolente e devastanti crisi nella storia delle imprese, quella che ha investito la cosiddetta New Economy (anche se questa sta ora per ripartire su altre basi). Mentre le sue rivali Excite e Infoseek venivano inghiottite da giganti come Microsoft, NBC e Disney, Yahoo è rimasta indipendente. E perfino quando Disney e NBC hanno fallito nel rendere i loro portali vantaggiosi, Yahoo era l’unico portale a mostrare consistenti profitti.

Come mai? La risposta sta probabilmente in una affermazione formulata nel 1999 da Tim Koogle, allora massimo dirigente della Yahoo: “ La nostra azienda è fortemente proiettata all’esterno. Noi manteniamo un livello molto alto di attenzione all’ambiente che ci circonda e grazie ad un sistema di monitoraggio continuo raramente siamo colti di sorpresa. Se accadrà qualcosa di sconvolgente, noi lo sapremo prima che accada e saremo pronti a reagire”.

I tre aspetti della definizione di Koogle di monitoraggio esterno sono dunque attenzione, niente sorprese e flessibilità della strategia. Questi tre principi i abbastanza semplici accompagnati dal sistema degli early warning hanno permesso a Yahoo di affermarsi nella rete e di candidarsi come futuro leader dei portali Internet.

Affrontare e risolvere questioni complesse in tempi rapidi, dunque: del resto l’economia moderna esige proprio questo. Ma ciò equivale inevitabilmente a imporre la contrazione dei tempi di azione e soprattutto a far emergere la necessità di una gestione delle conoscenze più accurata e più rapida. Solo dieci anni fa comprendere le implicazioni della globalizzazione non era affatto semplice. Il mondo muoveva verso una sempre maggiore interdipendenza, ma i riflessi di questa evoluzione sulla gestione delle imprese non erano ancora evidenti. Oggi invece il "villaggio globale" fa viaggiare nello spazio informazioni e prodotti, idee e persone con una facilità e una velocità tali da imporre la riorganizzazione dell’intera economia. La complessità dei sistemi competitivi è aumentata ma insieme a essa sono cresciuti anche i rischi; muoversi nel sistema competitivo internazionale è sempre meno una scelta e sempre più una stringente necessità. Dal management si esige quindi la capacità di individuare e comprendere i segnali premonitori di eventi ancora lontani ma potenzialmente carichi di conseguenze e di integrarli nella “previsione del rischio”.

La capacità di prevenire il rischio assume perciò un valore strategico, tanto che le aziende leader cominciano a interrogarsi sui possibili legami e connessioni tra risk management e creazione del valore. In realtà i rischi non sono sempre e soltanto minacce da evitare: in molti casi, se opportunamente gestiti, possono trasformarsi in opportunità da cogliere. La domanda critica è però pur sempre: "come prevenire i rischi?". E più specificamente, perché le imprese e i loro capi falliscono così spesso nel prevenire i rischi strategici? E cos’è, in definitiva, un rischio?

La risposta a questa domanda dipende in larga misura dal modo in cui i dirigenti percepiscono e definiscono i rischi che affrontano. In senso generico un rischio è una prospettiva di perdita: oppure, come afferma la teoria finanziaria, esso è il fattore potenziale per il quale un risultato è peggiore di quanto ci si aspettasse. Per la teoria della strategia d’impresa il rischio è invece un evento inaspettato o un insieme di condizioni che riducono in modo significativo la capacità dei dirigenti di attuare la loro strategia. Per la maggior parte delle aziende il tipo più comune di rischio è quello finanziario, ma anche il rischio strategico è gravido di possibilità anche più negative: ciò avviene quando la strategia aziendale è male allineata alle condizioni del economiche e competitive, fenomeno che può essere definito come industry dissonance, l’incoerenza delle decisioni strategiche rispetto all’evoluzione dell’ambiente di riferimento. Esso prende forma quando le scelte dei dirigenti non sono in sintonia con l’evoluzione del sistema competitivo e con le risorse disponibili, per cui la strategia della loro azienda non è più coerente con la realtà.

Adeguare la strategia alle condizioni che cambiano è il più difficile dei compiti, specialmente nelle imprese più grandi. Comunque, se si può provare comprensione per i difficili dilemmi che i capi aziendali devono affrontare per reagire al cambiamento, quello che non dovrebbe essere accettato tanto dai dirigenti quanto dagli azionisti è l’assenza di un sistema efficace per identificare i segnali del rischio della dissonanza in anticipo quanto basta per cercare di fare la differenza.



Certo, la valutazione del rischio derivante da eventi esterni è per sua natura soggettiva perché si tratta di un quadro complesso, difficile da decifrare. I fattori che influenzano la strategia di una impresa, competitivi, tecnologici, sociali, economici, culturali, sono innumerevoli. L’importanza relativa di questi fattori dipende dall’effetto che essi possono avere sulla struttura dell’impresa stessa. Identificare il cambiamento in anticipo è dunque un prerequisito per valutare il livello di rischio.

Naturalmente, non tutti i cambiamenti nell’ambiente comportano le stesse potenziali conseguenze per i rendimento dell’azienda. La capacità di individuare il rischio peggiore dipende dalla probabilità di verificarsi di un particolare risultato negativo o che si pensa possa essere negativo. A causa della sua natura amorfa il rischio della dissonanza dall’industria è quello più trascurato: però è anche quello alla base di molti tracolli finanziari, come insegnano i casi della Levi Strauss, dell’American Express, della Crysler, della Digital, della Polaroid, della Lucent e di molte altre aziende, perfino a un certo momento della General Motors.

Anche un evento con una piccola probabilità di verificarsi può essere classificato come ad alto rischio se la perdita prevista è significativa, la cosiddetta prospettiva del caso peggiore. Palm, il più grande produttore di computer portatili, intorno al 1998 valutava quasi inesistente la probabilità che Microsoft decidesse di entrare nel mercato e riuscisse a cambiare le regole del gioco con il suo enorme potenziale di marketing. E invece Microsoft fece proprio questo.

Negli ultimi anni si sono quindi diffusi i cosiddetti “early warning systems”, o sistemi per individuazione tempestiva dei rischi. Essi si pongono l’obiettivo centrale di impedire le sorprese. In altre parole, i rischi strategici identificati in una fase analitica con un attento monitoraggio dovrebbero essere tenuti comunque presenti e l’azienda li dovrebbe affrontare il più velocemente possibile. Inoltre, monitorare i rischi richiede uno sforzo collettivo: una persona, non importa quanto competente o esperta sia, da sola non può farlo. Allo stesso tempo, non può trattarsi di una attività casuale: occorre invece che ci sia un adeguato coordinamento. Un efficace sistema di monitoraggio che fornisca alla gestione la previsione dei rischi che corre e delle opportunità che le si presentano richiede un’attenta pianificazione.

Sfortunatamente in questa attività fase anche le maggiori aziende occidentali appaiono spesso carenti. Mentre le aziende dell’ Estremo Oriente, in particolar modo quelle giapponesi e coreane, hanno costruito capacità adatte alla raccolta di dati che servono per analizzare un ambiente competitivo, quelle americane ed europee non si sono concentrate abbastanza sul problema del monitoraggio. Ormai da decenni i dirigenti e i lavoratori delle principali aziende giapponesi sono stati abituati a raccogliere ogni minima informazione che possa essere utile ad individuare e analizzare i rischi e non è insolito per i dipendenti delle aziende giapponesi stendere un rapporto dettagliato sulle informazioni di cui vengono in qualsiasi modo in possesso e condividerlo con l’intera azienda. In Occidente, invece, non si è mai beneficiato di tale tacita comprensione dei doveri e delle responsabilità da parte dei loro manager o impiegati. Magari – per fortuna dei loro concorrenti occidentali – queste informazioni non vengono poi utilizzate dalle aziende giapponesi e coreane come dovrebbero, tanto che anch’esse commettono pesanti errori di valutazione strategica. Ma le informazioni le hanno.

Il principio fondamentale che sta alla base della rete di monitoraggio è che la raccolta di informazioni strategiche dovrebbe essere pianificata ed i sistemi early warning dovrebbero essere predisposti in anticipo per prevenire sorprese pericolose. Il monitoraggio pianificato è dunque fondamentale e dovrebbe essere integrato nel processo di pianificazione per due motivi principali: approvare la formazione della rete di monitoraggio garantisce al processo stesso alcune misure di controllo della realtà e inoltre l’ integrazione delle informazioni è una chiara motivazione per coloro che monitorano. Il primo punto si spiega da sé: è interesse dei manager avere uno strumento che consente di sapere quanti e quali problemi stanno prendendo forma fuori dalle finestre del loro ufficio. Il secondo punto non è forse così ovvio, visto che motivare i dipendenti a lavorare sistematicamente alla raccolta di informazioni è la difficoltà principale da superare, soprattutto nelle aziende occidentali. Ma se il monitoraggio delle informazioni viene collegato in modo stretto ed evidente al processo di pianificazione strategica si da a coloro che monitorano il senso che il loro lavoro è apprezzato e utilizzato.

Antonio Martelli

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