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Jonathan Low and Pam Cohet Kalafut Invisible Advantage. How Intangibles are driving Business Performance Perseus Publishing, Cambridge, Mass., 2002, pagg. 259
Ogni società è in larga misura il riflesso delle sue strutture produttive: il fatto che questa intuizione sia dovuta a Karl Marx non ne inficia la validità, quali che siano gli errori di previsione che il teorico di Treviri può aver commesso su altri piani. Poiché stiamo marciando a grandi passi verso una struttura produttiva dominata dallo scambio di valori intangibili, a partire dalle informazioni, se ne può agevolmente dedurre che la società del futuro sarà il riflesso di questa struttura. I manufatti continueranno a essere massicciamente prodotti e venduti, questo è ovvio. Ma la base economica della società, la sua stratificazione in ceti e gruppi diversi, la distribuzione del reddito e i suoi valori rifletteranno soprattutto il fatto che essa sarà organizzata intorno allo scambio multimediale di informazioni, esattamente come al suo apogeo la società industriale era organizzata essenzialmente intorno allo scambio di manufatti.
Partendo da questo tipo di premesse, un parte implicite, in parte no, ma soprattutto attingendo a una amplissima messe di esempi concreti, il libro di Jonathan Low e Pam Cohen Calafut (Invisibile Advantage. How Intangibles Are Driving Business Performance, Ernst & Young, Cambridge, Massachusetts, 2002) costruisce una convincente teoria del vantaggio derivante da un impiego strategico delle risorse invisibili. La loro importanza stava aumentando costantemente già da molto tempo, ma con l’emergere della nuova economia essa si è ulteriormente molto accresciuta fino a configurarsi come un vero e proprio vantaggio competitivo. Secondo gli autori, infatti, un terzo abbondante del valore di una azienda deriva da fattori che non possono essere visti o toccati.
Questi fattori possono essere raggruppati in dodici classi: la leadership, l’attuazione della strategia, la comunicazione e trasparenza, il marchio, la reputazione, le reti e le alleanze, la tecnologia e i processi, il capitale umano, l’organizzazione e la cultura sul posto di lavoro, l’innovazione, il capitale intellettuale e infine l’adattabilità. Come tute le classificazioni, anche questa può dare adito a dubbi o critiche: è certo tuttavia che le risorse invisibili assumono molteplici forme e permeano ormai completamente di sé la struttura e il funzionamento delle aziende.
E’ chiaro peraltro che non basta classificare le risorse invisibili, occorre anche saperle gestire in modo da massimizzare il loro valore e, di qui, il valore dell’azienda. Le fasi chiave di questo processo fondamentale sono l’individuazione degli intangibili critici per l’azienda, la scelta dei criteri per misurarli, la scelta dei termini di confronto o benchmark e l’avvio di iniziative per migliorarne il rendimento. La quinta e ultima fase è la più importante di tutte: rendere il meglio possibile noto all’esterno quel che si sta facendo. I casi della Enron e delle altre imprese coinvolte nella ventata di scandali fra il 2001 e il 2002 hanno dimostrato ad abundantiam che nascondere quanto più si può le proprie attività, avvolgendole nelle nebbie di un linguaggio ermetico quando non di veri e propri trucchi contabili, non paga. Quando il mercato scopre la verità, la punizione è rapida e molto dura. Proprio per il fatto che tanta parte del valore delle aziende dipende ormai da intangibili è necessario aprirsi al massimo, condividendo le proprie intuizioni, i propri criteri di misura dei risultati, i propri obiettivi con i clienti, i fornitori, il settore di appartenenza, gli investitori e gli analisti finanziari. E non bisogna preoccuparsi della diffusione di questo tipo di segreti: in sé stesse le informazioni hanno un ridotto valore competitivo. Quello che conta è quanto con le informazioni si riesce a fare.
Il valore del libro, oltre che nelle proposte che contiene, sta quindi nel fatto che esso conferma la sensazione ormai diffusa secondo cui nella gestione delle imprese necessaria una svolta. L’enorme potenziamento insito nella rivoluzione informativa, ormai in atto da parecchio tempo, non opera soltanto mettendo a loro disposizione nuovi strumenti di straordinaria potenza, ma anche nel senso di imporre loro un nuovo tipo di disciplina. L’informatizzazione della società opera a tutti i livelli e, insieme al predominio delle risorse invisibili, rende la trasparenza un obbligo sottrarsi al quale è ormai molto rischioso e alla lunga forse impossibile.
Antonio Martelli
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